La Calcografia o l’Incisione su Rame
L’incisione su rame ebbe inizio più o meno nel secolo XV nell’Europa del Nord, in particolar modo in Germania e nei Paesi Bassi. Questo tipo di incisione ebbe origine dall’arte orafa, di cui ne eredita lo strumento principale, ossia il Bulino, che permetteva di decorare o meglio “cesellare” i vari oggetti.
L’evoluzione dalla xilografia è quasi obbligata poichè la matrice in legno si deperisce velocemente permettendo una stampa di pochissimi esemplari (poche decine) in quanto l’inchiostro deforma le linee del legno che ne assorbono l’umidità, si passa all’incisione su una lastra di rame che è meno reperibile e permette la produzione di più esemplari dalla stessa matrice.
Sia l’incisione a bulino che l’acquaforte, hanno un procedimento inverso a quello della xilografia, quest’ultima è a rilievo mentre questi sono in incavo.
L’incisione a bulino (come il Niello, la Maniera nera e la Puntasecca) veniva eseguita con uno scalpello in metallo (il bulino, da cui deriva il nome), piccole sgorbie e lame taglienti direttamente sul metallo. La tecnica è detta ad incavo perché l’inchiostro di stampa penetra nei solchi che si sono formati per l’azione del bulino e degli altri arnesi incidenti, e dall’impressione sulla carta o sugli altri supporti, lascia l’impronta dell’immagine voluta.
L’acquaforte è una tecnica calcografica molto diffusa consistente nel corrodere una lastra di metallo (zinco di solito; rame nel caso dei santini) con un acido, per ricavarne immagini da imprimere su un supporto (carta normalmente) per mezzo di colori. La lastra di metallo viene ripulita e smussata ai bordi con carta smeriglio, poi sgrassata nella parte lucida con ovatta intrisa, per esempio, con bianco di Spagna (carbonato di calcio) sciolto in acqua. Cosparsa uniformemente con un coprente a protezione dall’acido (cera, asfalto, gomma, mastice…) viene affumicata con un mazzo di candele.
Quindi si incide il disegno nel materiale protettivo con una punta sottile (a mano libera o ripassando una bozza su carta decalcante chiara), per mettere a nudo il metallo in corrispondenza dei segni che appariranno sulla carta grazie all’inchiostro. S’immerge la lastra in acido (dopo averne cosparso di coprente la faccia posteriore) iniziando la morsura, che può essere fatta a più riprese scoprendo man mano le parti da incidere, per ottenere scavi diversamente profondi. L’acido (il più delle volte mordente olandese) corrode e quindi incide il metallo solo dove non protetto.
Infine la lastra di metallo viene lavata con acquaragia, la si asciuga e così viene ottenuta la matrice dell’immagine. La stampa avviene al torchio calcografico su carte poco collate e inumidite prima, cospargendo di inchiostro grasso con un tampone di pelle la lastra e scaldandola un poco per favorire la penetrazione della tinta nei solchi e la sua cessione al foglio di supporto.
Con l’utilizzo di questa nuova tecnica si è passati da una fattura molto rozza e superficiale delle immagini a un nuovo tipo di illustrazione molto raffinata nei contorni e nelle sfumature e soprattutto arricchita nei dettagli ed aggiungendone di nuove.
Nacquero in questo periodo diverse botteghe artigiane in cui di disegnava, incideva, stampava e colorava, commercializzando indirettamente o direttamente il prodotto finale.
Capitali di questa nuova tecnica furono Anversa , nelle Fiandre ed Asburgo in Germania.