Siamo sempre abituati a vedere nei santini le immagini dei nostri cari Santi protettori ma raramente ci soffermiamo sui particolari che compongono l’immagine e i personaggi che fanno da contorno. Uno di questo è il Diavolo. Il Diavolo nei Santini.
PREMESSA
Il Cristianesimo e la Chiesa cattolica è sempre stata consapevole dell’analfabetismo diffuso della popolazione, quindi fece abbondantemente uso delle immagini per indottrinarlo e catechizzarlo. Per molto tempo nelle immagini che lo raffiguravano (sia pittoree che scultoree) prevalse l’aspetto didattico ed ideologico piuttosto che quello estetico. Il diavolo e conseguentemente il suo carattere maligno e negativo furono rappresentati in modo da impressionare e spaventare i peccatori con la paura dei tormenti infernali.
La sua figura associata al Male, dall’Antico Testamento ai primi anni del cristianesimo viene quasi del tutto ignorata (ad eccezione del giudaismo popolare e la letteratura apocrifa), mentre nel medioevo il Diavolo divenne un personaggio importante ed essenziale in quanto ritenuto una figura in contrapposizione con l’Angelo Custode egualmente presente affiancato all’uomo.
Solo durante il confronto con il manicheismo, la chiesa cattolica si liberò da questa presenza dualista è considerò il Diavolo come una creatura di Dio e quindi sottomessa alla sua volontà e che viene sconfitto ed umiliato con la risurrezione di Gesù Cristo.
Nell’iconografia cristiana il Diavolo acquisisce importanza solo a partire dal XI secolo. Se nel IX secolo la sua figura è molto limitata nella sua raffigurazione malvagia, tra l’XI e il XII secolo esplode la sua presenza nell’iconografia assumendo caratteristiche mostruose ed animalesche a voler incutere la paura per il male e la punizione divina derivante dalla non accettazione della dottrina cristiana.
Gli artisti che si apprestano a rappresentarlo si pongono sempre il problema su come rappresentarlo, dato che non conosciamo compiutamente la sua natura e si sceglie di ritrarlo attraverso la diversità e la varietà delle sue metamorfosi che la chiesa e la paura umana gli attribuisce.
Approfittando della debolezza dell’uomo, lo inganna assumendo l’aspetto di donna seducente e libidinosa, per ingannare un uomo di fede, assume addirittura le sembianze di un santo, anche se nell’immagine l’inganno viene denunciato in genere attraverso un dettaglio (presenza di zampe bestiali o di ali di pipistrello).
A partire dal XI secolo il diavolo appare anche completamente con le fattezze mostruose o di animale. Le rappresentazioni animalesche o mostruose erano eredi dell’immaginario medievale e quasi sempre richiamavano in qualche modo il serpente (l’ingannatore dei progenitori Adamo ed Eva) e il drago (Apocalisse su tutti ma anche in altri passi biblici e di tradizione cristiana), la scimmia, il leone, il caprone, il lupo, il gatto, il grifone, il centauro, i rettili.
Dal IX secolo l’iconografia del diavolo si fondava più sull’aspetto umano (l’aspetto di un essere piccolo e deforme, oppure quello di un vecchio; oppure come un essere grande e grosso) per indottrinare i fedeli sulle astuzie del maligno; ma ovviamente la forma umana veniva contaminata associandone caratteri bestiali. Infatti la mostruosità viene frequentemente rappresentata attraverso l’ibridismo uomo-animale (ad esempio il satiro della mitologia greca).
Le caratteristiche animali si concentrano perlopiù sulla testa (corna caprine, orecchie appuntite, muso di lupo, di cane, di leone o becco d’uccello) e sull’estremità delle membra (unghie, artigli o zoccoli), mentre il corpo è peloso o ricoperto di scaglie e provvisto di coda con estremità appuntita. Per rievocare la sua origine angelica il diavolo (nell’Alto medioevo) viene dotato di ali piumate, identiche a quelle degli angeli, mentre dal XII secolo, inizia ad essere raffigurato con ali di pipistrello.
Contrariamente agli angeli, il diavolo è generalmente rappresentato nudo (carattere negativo) e il loro atteggiamento espressivo è improntato sulla tensione, l’agitazione, l’aggressività; la postura curva e contorta che esprime lo sgraziato gesticolare; le forme appuntite delle corna e delle altre estremità (capelli, criniera ma anche denti e peli e il naso adunco, particolare, quest’ultimo, connesso allo stereotipo razziale degli ebrei al fine di demonizzarli) o le pieghe e le grinze, vengono contrapposte alle armoniose vesti degli Angeli e dei Santi.
Particolare importanza riveste la bocca nell’immagine demoniaca; essa è generalmente spalancata e con la fuoriuscita della lingua a formare un ghigno animalesco; già dal XIII secolo la bocca veniva spesso raddoppiata con l’aggiunta di un secondo volto sul ventre. Questo particolare rappresentazione si presta a molteplici letture: ne intensifica la mostruosità, rende nota la deformità mediante lo spostamento della testa, sede dell’intelligenza, verso le parti impure del corpo, manifesta il trionfo del ‘basso corporeo’, caratteristica dell’universo diabolico.
L’uso del colore contribuisce a esprimere la natura del diavolo, anche se, in realtà, nessuna tinta in particolare lo rappresenta appieno. Senza dubbio le sfumature scure sono le principali caratteristiche del diavolo. Il nero, anche se rappresentante l’assoluta mancanza di luce è raramente utilizzato nel cromatismo demoniaco; vengono utilizzate altre tinte per accentuare la sua natura infima e l’appartenenza al mondo delle tenebre, viene usato il bruno, il blu scuro, il verde scuro e da qualsiasi altro colore scuro e saturo. Secondo lo schema galenico dei quattro elementi, il diavolo era costituito di aria scura e densa, in ovvia contrapposizione agli angeli che, composti di fuoco etereo, erano di colore rosso o bianco.
Solo nel tardo medioevo il colore rosso divenne diabolico, associato al sangue e alle fiamme infernali. Altre volte, ma meno frequente, troviamo il diavolo raffigurato anche in marrone o grigio pallido, il colore dei malati e dei morti.
Riassumendo, l’iconografia del diavolo si evolve da una non-rappresentazione a una raffigurazione che sottolinea sempre più il carattere negativo, carattere che viene enfatizzato contrapponendolo al lato negativo di Dio, di Gesù Cristo, di Maria, degli angeli e dei santi, sempre in una posizione subordinata o comunque sconfitto.
IL DIAVOLO NEI SANTINI
Nei santini moderni la sua raffigurazione è poco presente se non come minuscola presenza in alcune iconografie che lo ritraggono sconfitto ed umiliato: come serpente ai piedi dell’Immacolata concezione, come drago ucciso dai Santi, Domenica, Marta, Giorgio etc., come figura umana con ali di pipistrello mentre tenta S. Antonio.
Come dicevamo nei primi secoli la sua figura nelle incisioni era molto presente e serviva ad enfatizzare il confronto tra il bene ed il male, e anche se quest’ultimo risulta sempre nel ruolo dell’eterno sconfitto, serve per indottrinare i fedeli sulla sua pericolosa presenza come tentatore ed ingannatore.
L’angelo caduto
Nei primi tre secoli dell’era cristiana veniva attribuita all’invidia ed alla lussuria, la caduta di Lucifero (o Stella del Mattino), mentre a partire dal IV secolo iniziò a divulgarsi la credenza che il principale motivo della cacciata dal paradiso era da attribuirsi solo alla superbia. Questa ipotesi si fonda essenzialmente su Isaia Isaia 14,12-14: “Come sei caduto dal cielo, o Lucifero che sorgevi al mattino? Sei rovinato sulla terra, tu che ferivi le genti? Tu che dicevi nel tuo cuore: darò la scalata al cielo, porrò alto il mio trono sopra gli astri di Dio… Salirò sull’alto delle nubi, sarò simile all’Altissimo”.
In questa siderografia su fondo trinato a punzone edita dalla casa editrice parigina Dopter la figura di Lucifero è molto simile a quella di un angelo, e si diversifica in pochi dettagli, le corna taurine e le ali che sono in una fase intermedia tra quelle piumate di un corvo e quelle di un pipistrello, mentre il suo sguardo è truce e incattivito dalle catene che gli cingono i polsi.
La sua ubicazione è fuori dall’immagine del paradiso da cui è cacciato da un altro angelo, le cui mani indicano i due opposti regni, la mano destra indica il trono di Dio che Lucifero ha volutamente sfidato mentre con l’altra viene indicato il luogo di sofferenza che la superbia ha fatto guadagnare in eterno.
L’angelo seduttore
Fin dal primo libro della Bibbia la figura di Lucifero si rivela per quel che è, un seduttore. E’ colui che convince Eva a mangiare e far mangiare ad Adamo il frutto proibito da Dio e conseguentemente caccia i progenitori dal giardino dell’Eden, condannando l’umanità al peccato.
Da allora il diavolo è il seduttore dell’umanità, che disprezza, poiché essa e tutta la creazione è il capolavoro di Dio, e su di essa si vendica tentando di traviarla per rivoltarla contro il suo stesso creatore. Per sedurre l’umanità si serve delle sue debolezze, la lussuria, la ricchezza, il potere, con cui tenta e lusinga.
In questa siderografia su fondo trinato a punzone, edita dalla casa parigina Durand, il diavolo è raffigurato mentre tenta di sedurre una figura femminile che può essere identificata in Maria, madre di Gesù (il serpente calpestato è una delle raffigurazioni iconiche più classiche che rimanda al passo della genesi 3,15 “Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno”).
Il diavolo è insidioso e il suo stare a contatto con il corpo di Maria è indice di insistenza nel voler a tutti i costi profanare il corpo e l’anima della creazione divina. Con la mano sinistra offre dei monili d’oro che simboleggiano la ricchezza e il potere ad essa conseguenziale, mentre con la mano destra cerca di distogliere lo sguardo dalla Croce, indicando la parte opposta del cielo. Ma la Vergine Maria non si lascia sedurre da Lucifero, anzi con il volto sereno della fede continua a guardare verso la Croce.
Anche la natura è diversificata, sul lato sinistro che va verso Dio, la natura è rigogliosa ed illuminata dai raggi che partono dalla Croce in alto, mentre nella parte opposta che precede il diavolo e da esso indicata è una natura sterile ed arsa dalle fiamme infernali che lambiscono il terreno. Chiarificatrice la frase didascalica “Que ta vue me donne la force de combattre les ennemis attachès à ma perte” ovvero “Che la tua vista mi dia la forza di combattere il nemico legato alla mia sconfitta”.
Gianluca Lo Cicero