Canivet

   

    Il canivet è una delle tipologie del santino o dell’immagine devozionale cristiana, che nell’arco dalla sua nascita che si fa risalire intorno al XV secolo e che lo vede evolversi fino ai nostri giorni; il suo nome deriva dal termine francese canif, ovvero “coltello” o “temperino” che sta a indicare lo strumento principale utilizzato per la sua realizzazione che è interamente manuale.
    Il canivet manufatto si presenta come un’icona riproducente il soggetto sacro dipinto ad olio, tempera o ad acquerello contornato da una fitta decorazione su carta, velin o pergamena, ottenuta tramite intaglio.
    Nati verso la fine del XVI secolo in ambito conventuale si evolvono fino agli inizi del XIX secolo quando l’avvento della stampa e della punzonatura meccanica ne decreta la fine a causa dell’elevato costo su commissione e quindi rimpiazzati dai santini merlettati del XIX secolo che ne ereditano l’idea iconografica e strutturale (per questo chiamati.
Data la loro unicità, oggi sono molto quotati e ricercati dai collezionisti di tutto il mondo.
 
STORIA
    La nascita dei canivet si fa risalire verso la fine del XVI secolo conseguentemente  al periodo di grandi riforme europeo che verrà successivamente chiamato Età della Controriforma, nata come il risultato dei lavori del Concilio di Trento (1545-1563) in cui il papato cercò di impedire  l’avanzata diffusione delle dottrine protestanti del Calvinismo e del Luteranesimo volte a minare l’autorità religiosa e politica del cattolicesimo romano.
In risposta alle richieste volute dalla Controriforma, l’Europa vede la nascita di  nuovi ordini religiosi, nonché un restauro di quelli obsoleti o non più al passo con i tempi correnti; agli ordini dei cappuccini, dei teatini, dei barnabiti, delle orsoline e dei gesuiti era dato compito di rafforzare l’immagine pastorale del clero secolare, alquanto indebolita dalla corruzione del potere politico, economico e sociale e di educare le generazioni future al ruolo sociale a cui erano destinati.
    Mentre ai Gesuiti e alle Orsoline spettava il compito di indottrinare i giovani uomini e giovani donne agli studi umanistici, i restanti ordini religiosi, pur formando anch’essi i giovani secolari, vengono invitati a mettere fine alla dilagante morbidezza della vita monastica imponendo loro, oltre alla preghiera e alle opere di carità, anche la regola di dedicare alcune ore della giornata al lavoro manuale in comune.
     Così le monache cominciano a dedicarsi al ricamo dei paramenti sacri e dei corredi commissionati da privati, pratica che dava loro la possibilità di una libera espressione della loro creatività e delle loro capacità esecutive.
     I santini manufatti nascono quindi in questa atmosfera e sono dunque frutto dei momenti ricreativi delle religiose che li realizzano per offrirli ai benefattori del proprio monastero, essi non sono altro che una trasposizione su carta o pergamena dei loro lavori fatti all’uncinetto, tombolo o cantù.
    La produzione ben presto lascia le grate dei monasteri e molti artisti ed artigiani già nel XVII secolo iniziano a produrre anch’essi dei canivet manufatti.
 
TECNICA E PRODUZIONE
    I canivet si presentano, nella maggior parte dei casi, come a dei rettangoli di carta, velin o pergamena con al centro un ovale miniato ad olio, tempera o acquerello, riproducente un soggetto sacro e contornato da un fitte e sottile intreccio intagliato che si dipana tutto attorno all’icona stessa.
    L’intaglio viene ottenuto tramite un coltellino o temperino molto affilato (canif in francese, da cui il termine canivet) che tramite un martelletto veniva ribattuto per incidere ed eliminare le parti in eccesso del foglio.
    Alcuni canivet giunti ai nostri giorni rispondono alla domanda su quali erano le priorità di lavorazione, se l’icona e successivamente la decorazione ad intaglio o viceversa; in realtà veniva prima eseguito l’intaglio e successivamente la realizzazione dell’icona e della colorazione delle varie parti.
    I canivet risentono molto della cultura barocca evidente nella decorazione degli intagli che sono ispirati dalle architetture ecclesiastiche (colonne tortili, altari, tabernacoli, fregi) e dai variegati e fantasiosi motivi vegetali e animali.
Nel corso dei secoli i canivet subiscono poche variazioni dallo schema sopra esposto, se la forma rettangolare rimane perlopiù quella più adoperata, l’estrosità non manca di creare forme sempre più diverse e fuori dagli schemi, così veniamo a conoscenza di canivet a forma di ventaglio, a forma ovale, triangolare o a contorno libero.
    La tecnica utilizzata è l’intaglio tramite il canif ma viene anche utilizzata la puntinatura tramite l’impiego di un ago che punzecchia il foglio a decorare le parti vuote.
 
TIPOLOGIE DEI CANIVET
    Vi sono delle distinzioni tra i canivet per quanto riguarda la provenienza e la fattura. Le due aree maggiori di provenienza sono l’area francese, a cui può essere accomunata anche una sparuta produzione italiana e l’area germanica, comprendente oltre alla Germania, anche l’Austria e la Boemia. I canivet di area germanica sono molto elaborati per quello che riguarda la decorazione, fanno molto uso di elementi architettonici sia in pittura che in intaglio facendo in questo caso largo uso di volute, l’intaglio ha una trama più grossolana e molto schematica nel largo uso della simbologia (molto comune l’uso del simbolo dell’infinito (8 rovesciato) o del cuore. I colori sono vivi e brillanti anche se limitati il più delle volte nella gamma a disposizione e infine i bordi dei non sono sempre di forma rettangolare ma al contrario di quelli francofoni, hanno molta più varietà di forma sia nei bordi del foglio che della parte traforata interna.
    I canivet di area francese si differenziano per una maggiore accuratezza dell’intaglio che è molto più fitto ed elegante nello schema della decorazione, che si avvale quasi esclusivamente di elementi vegetali ed animali, i colori sono meno brillanti ma più ricercati e vari.
    Una particolare menzione va fatta riguardo la produzione dei canivet manufatti della città di Lione tra la fine del XVII e gli inizi del XVIII secolo; essi si differiscono dal resto della produzione europea per il tipo di decorazione a trine che circonda l’icona che è molto più simile ai lavori di creazione dei pizzi e merletti come il tombolo o il cantù, che si creavano tramite l’utilizzo dei fuselli, in quel periodo nei conventi e che adornavano le tovaglie d’altare nelle chiese.
    Gli artisti autori di questi canivet fanno largo uso di elementi floreali di ben più grande formato e che vengono realizzati ritagliando a canif i bordi con un motivo che ricorda le nervature interne delle foglie e che danno profondità alla decorazione stessa.
    In base alla lavorazione possiamo distinguere i canivet in due categorie, i canivet conventuali e i canivet artistici. I primi creati nei conventi sono molto semplici sia nella loro struttura decorativa che nella realizzazione dell’icona che ne risulta quasi abbozzata e si limita solamente a indicare i simboli e gli attributi propri della figura sacra raffigurata.
    I canivet artistici, al contrario dei precedenti, mostrano chiaramente una maestria artistica sia nella composizione e realizzazione dell’intaglio ricco ed elegante che nell’esecuzione raffinata dell’icona e della colorazione delle varie parti che lo compongono.